lunedì 1 dicembre 2008

Decreto del Vescovo Rabitti sulla applicazione del “Summorum Pontificum”

ARCIDIOCESI DI FERRARA-COMACCHIO
ED ABBAZIA DI POMPOSA

 

IN CONTINUITÀ CON LE NOSTRE RADICI
IN COMUNIONE CON TUTTA LA CHIESA

Notificazione circa l’introduzione della “Messa in Latino”

(S. Messa secondo il rito di S. Pio V)
nella Città di Ferrara



Il Santo Padre Benedetto XVI, guidato dalla propria missione di “essere visibile principio e fondamento dell’unità” (LG, 23) nella e della Chiesa, ha manifestato alcune sue preoccupazioni riguardo alla vita liturgica e perciò all’integrità della fede cattolica nella Chiesa cattolica.

‒ Ad esempio: la sua angustia che emerge da serpeggianti infedeltà alle prescrizioni del Messale Romano, promulgato, nel 1970, da Paolo VI, che si era proposto di “promuovere e adattare alle necessità della nostra età il culto divino, rendendolo splendido per dignità e armonia”. E tali infedeltà – ha scritto il Santo Padre Benedetto XVI – rischiano di portare in “molti luoghi … deformazioni arbitrarie della liturgia, al limite del sopportabile”.

‒ Altra preoccupazione esprime Papa Benedetto XVI, quando afferma che bisogna tentare “ogni sforzo per conservare o conquistare la riconciliazione e l’unità nella Chiesa, affinché, a coloro che hanno desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in questa unità o di ritrovarla nuovamente”.

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Pertanto il Santo Padre ha esplicitato e normato, in data 7 luglio 2007, ciò che già Giovanni Paolo II, nel 1984, e poi nel 1988, aveva raccomandato ai Vescovi, relativamente a quei fedeli che avessero richiesto la facoltà di usare, oltre che il Messale Romano, promulgato da Paolo VI, anche il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito, nel 1962, dal Beato Giovanni XXIII.

È evidente che, avvalendosi di tale facoltà, deve essere escluso da chiunque ogni “disordine” o “spaccatura” nelle comunità cattoliche; né l’uso del Messale di S. Pio V deve ritenersi come “un contrassegno esterno” di repulsa del carattere vincolante del Concilio Vaticano II; oppure la “messa in dubbio” dell’autenticità della riforma liturgica promanata dal Concilio Vaticano II. Il Papa desidera, invece, agevolare Coloro che – per formazione-cultura-sensibilità alla lingua latina – hanno imbevuto il loro spirito a tale “forma” della liturgia, che viene ora definita “straordinaria”, complementare a quella “forma ordinaria” promanata dal Vaticano II.

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Sembra, ad esame accurato, che nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, e cioè in chi è e vuole essere “cattolico”, non sussistano “deformazioni, creatività, arbitrarietà” liturgiche così da produrre anarchie o deviazioni nelle celebrazioni e perciò sconcerto nei fedeli. Viene compiuta invece qualche celebrazione orientata da quello che Benedetto XVI chiama “movimento guidato dall’Arcivescovo Lefebvre”, ma si tratta di iniziativa del tutto autonoma, indipendente dall’Autorità Diocesana e perciò estranea alla Realtà Diocesana.

Si constata, tuttavia qua e là, un certo impoverimento liturgico causato, forse, dalle molte celebrazioni cui devono provvedere quei Sacerdoti che hanno la cura pastorale di più Parrocchie; oppure da un pullulare di canti, di preghiere dei fedeli, di gesti liturgici che diversificano eccessivamente le celebrazioni. Oppure si denota una marcata carenza di Animatori, Ministranti, Lettori. Talvolta, purtroppo, si costata una certa sciatteria delle suppellettili o del rito stesso; cose tutte che attenuano quella “grande reverenza, quella ricchezza spirituale e quella profondità teologica” che, come Benedetto XVI afferma, dovevano scaturire dalla Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II e che sono ora sollecitate proprio dalle predette preoccupazioni manifestate dal Papa.

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Nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio è avvenuto che, in seguito alla promulgazione del Motu Proprio “Summorum Pontificum”, un centinaio di fedeli ha chiesto di potersi avvalere delle facoltà contenute nel Motu Proprio. Mi è gradito riportare la premessa con la quale tali Fedeli hanno fatto pervenire all’Arcivescovo la loro richiesta, perché mi pare che ne esprima adeguatamente gli intendimenti, lo spirito e la garanzia di unità:

«Eccellenza Reverendissima, sono un fedele della Sua Diocesi, e, assieme agli altri firmatari, mi permetto di avanzarLe la richiesta di dare la possibilità a tutti coloro che lo desiderano di assolvere il precetto festivo con la forma antica del rito romano, così come previsto dal Motu Proprio di Benedetto XVI. Questo sarà possibile se Lei vorrà indicare una Chiesa cittadina (alla quale poter giungere con facilità da tutta la nostra Diocesi) nella quale venga celebrata la S. Messa anche secondo l’antico rito. Ritengo che l’antica forma liturgica sia per me una forma particolarmente appropriata di incontro con il Mistero della santissima Eucarestia. Non le scrivo animato da “nostalgie”; non faccio parte di alcun gruppo cripto-scismatico o disobbediente; accetto senza restrizioni mentali tutto il Magistero della Chiesa ordinario e straordinario. PregandoLa di venire incontro a questa richiesta Le porgo il mio filiale ossequio».

Mi sia consentito di esprimere, anche in faccia all’intera Comunità Diocesana, le raccomandazioni che ho rivolto a questi fratelli-sorelle, e a quanti fruissero episodicamente di questa liturgia nella “forma straordinaria” costituita dal Messale Romano di S. Pio V:

1) La partecipazione a tale Liturgia non vi sottragga stabilmente alla vita liturgica e pastorale globale della Diocesi e della vostra Parrocchia. Ne verrebbe un danno a Voi e alle Comunità ecclesiali cui appartenente, se diventaste un gruppo appartato. Sarebbe un tradire la mente del Papa, il quale si aspetta da Voi di più, non meno, comunione.

2) Come nota il Santo Padre Benedetto XVI, non incappate in “quelle esagerazioni” e in quegli “aspetti sociali” indebitamente vincolati all’attitudine di fedeli legati all’antica tradizione liturgica latina.

3) Accogliete i Sacerdoti che celebreranno per Voi, come Presbiteri di questa nostra Chiesa, non come parcellizzati Pastori, inclini a separare coloro che il Papa desidera invece collegare.

4) Siate molto oggettivi nell’esaminare l’esperienza liturgica e spirituale che vivete, così da valutarne l’efficacia, la buona testimonianza, i relativi frutti o meno. Il Santo Padre si aspetta un incremento di attiva e consapevole partecipazione alla liturgia, non solo un ritorno al passato.

5) Abbiate rapporti di grande comunione con il vostro Vescovo “moderatore della liturgia nella propria Diocesi” (come ribadisce il Papa) ben consci che questo vostro Vescovo desidera pensare, parlare, agire, testimoniare la più genuina comunione con “Pietro”, oggi impersonato da Benedetto XVI. Come è noto, il Vescovo è poi invitato ad informare la Santa Sede circa l’esperienza delle celebrazioni in tale “forma straordinaria”.

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Ciò premesso, ecco gli orientamenti operativi:

1) È stabilito che – a decorrere dal 14 Dicembre 2008 – nella Chiesa di S. MARIA DELLA PIETÀ E S. GAETANO, via Cairoli, 23, in Ferrara, verrà celebrata, ogni domenica e festa di precetto, alle ore 17,00 (orario invernale) e alle ore 18,00 (orario estivo) la S. Messa vespertina secondo il rito di S. Pio V.

2) A presiedere tale liturgia della Messa, nella predetta “forma straordinaria” saranno alcuni Sacerdoti a turno; mentre l’accoglienza viene affidata al Rettore della medesima Chiesa di S. Maria della Pietà, il Rev.mo P. Riccardo Linares. La responsabilità abituale di coordinare tali liturgie viene affidata a Don Franco Gugliemini, con la collaborazione del Dott. Massimo Martinucci e dei Laici che hanno dichiarato di considerarla e di volerla sostenere.

3) Qualora – come è stato affermato – sopravvenissero ulteriori precisazioni e direttive dalla Santa Sede, sarà cura dell’Arcivescovo o di Don Franco Guglielmini di recepirle e applicarle prontamente.

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Chiedo all’intera Comunità Diocesana di saper capire e aderire alle responsabili e nobilissime istanze che il S. Padre ha inteso perseguire con la normativa stabilita nel Motu Proprio “Summorum Pontificum”; e, perciò, di saper accompagnare con rispetto quanto stabilito con questa Notificazione, profittando tutti dell’occasione per collaborare a far risplendere di dignità, di venerazione e di comprensione ogni nostra liturgia, “fonte e culmine della vita della Chiesa”.

Ferrara, 1 Dicembre 2008.
+ Paolo Rabitti